Capitolo 30 - L’operazione Biancaneve


All'età di sessantadue anni Hubbard stava anche iniziando a ponderare la sua collocazione tra i posteri. La Chiesa di Scientology aveva afferrato al volo la possibilità offerta dal Freedom of Information Act recentemente introdotto, ed aveva scoperto che gli archivi delle agenzie governative contenevano una sconcertante quantità di materiale su Scientology e il suo fondatore, e gran parte di esso era veramente poco lusinghiero. Hubbard, che non si era mai fatto troppo impressionare dalle convenzioni o dal rigido rispetto della legge, concepì un piano semplice ma incredibilmente audace per migliorare la propria immagine e quella della sua chiesa a beneficio delle generazioni future di scientologi. Non si doveva far altro che infiltrare le agenzie interessate e rubare la documentazione che lo riguardava. Per chi aveva fondato sia una chiesa che una flotta privata si trattava di un progetto realizzabile. All'operazione venne dato il nome in codice di Snow White, Biancaneve, definizione che nelle comunicazioni tra il Guardian's Office di Los Angeles e il nascondiglio del Commodoro a Queens avrebbe assunto enorme importanza nei mesi successivi.

Negli Stati Uniti la Chiesa è ricorsa al Freedom of Information Act (legge sulla libertà di informazione), portando enti governativi in tribunale e costringendoli a diffondere documenti vitali per il pubblico su una varietà di argomenti. Questa attività ha ricevuto il plauso di molti che l'hanno ritenuta indispensabile per garantire l'onestà del governo.

Che cos'è Scientology?

Dopo dieci mesi trascorsi in contumacia, gli avvocati informarono che il pericolo dell’estradizione era passato e Hubbard tornò sulla Apollo di ottimo umore. «Era brillante, vivace, molto allegro. Era dimagrito e riusciva a stento a trattenere la gioia di essere tornato» ha raccontato Hana Eltringham Whitfield. Se ci fu emozione nel ricongiungersi con moglie e figli, non la diede a vedere. Hubbard riunì invece tutto l'equipaggio e spiegò di essere stato lontano per visitare le org degli Stati Uniti, raccontò che in alcune di esse non era nemmeno stato riconosciuto, scatenando le risate dei presenti. Preston, seduto in fondo alla sala, sapeva che si trattava di una bugia ma rimase zitto.

Durante l'assenza di Hubbard, il suo alloggio era stato ampliato, e una squadra di lavoro aveva strisciato per tre mesi nei condotti d'aerazione, raschiandoli con degli spazzolini da denti per togliere la polvere che gli provocava la nota allergia. Il Commodoro ordinò ben presto la partenza, e l'Apollo si staccò dal molo del porto di Lisbona, per navigare senza meta lungo la costa atlantica della penisola iberica e nelle Isole Canarie, dove scese per scorrazzare in sella ad una imponente Harley Davidson che in una curva scivolò sulla ghiaia. Rovinò a terra fracassando diverse macchine fotografiche che portava al collo. Seppur sofferente riuscì a rimontare in sella e guidare fino al porto. Una volta arrivato lasciò cadere la moto sulla banchina e barcollò su per la passerella dell'Apollo, con i calzoni strappati e le macchine fotografiche fracassate ancora appese al collo. Hubbard accettò a malincuore di farsi vedere dal medico locale, che gli prescrisse degli antidolorifici da prendere due alla volta.


Ancora convinto che un thetan operante non avesse bisogno di cose terrene come gli antidolorifici, Dincalci diede al Commodoro un bicchiere d'acqua e una sola pastiglia. Dopo anni di servizio sulla nave e i dieci mesi in cui l’aveva protetto e accudito durante la latitanza, Dincalci finì seduta stante a pulire sentine. Il difficile compito di prendersi cura del Commodoro passò alla sudafricana Kima Douglas, ex infermiera. «Credo che avesse diverse costole e un braccio fratturato» ha ricordato. «Strillava continuamente. Furono sei settimane di puro inferno. Era impossibile da trattare: un vecchio via di testa, collerico, ammalato, estremamente antagonista contro chiunque. Non andava mai bene niente. Con il braccio buono scaraventava il cibo contro il muro. Una volta ho dovuto persino imboccarlo». Un comportamento che poco si addiceva al primo fruitore della "scienza della salute mentale".

Kima Douglas
Conoscere personalmente il Fondatore fu una forte delusione per Kima Douglas. «Pensavo che L. Ron Hubbard possedesse doti paranormali, che fosse in grado di guardarmi e vedere dentro la mia mente. Circolavano storie eccezionali, tipo che se in Nevada stava per scoppiare una bomba atomica lui l'avrebbe fermata col potere della mente. All'epoca tutti parlavano della guerra atomica, e io credevo sinceramente che lui fosse venuto per salvare il pianeta. Quando salii a bordo la prima volta lo vidi dalla passerella: era davanti al suo ufficio, indossava un'uniforme bianca e il cappello da Commodoro, e vicino a lui c'erano due messaggere. Ci presentarono, mi strinse la mano e fu molto affascinante. Sembrava un uomo felice, gioviale, di successo. Pensai di essere arrivata dove volevo stare».

«Prima dell'incidente in moto era un uomo molto cordiale, affabile» ha raccontato Jill Goodman, diventata messaggera all'età di tredici anni. «Dopo diventò un vero strazio. Era come avere intorno un nonno collerico e malato. Non sapevi mai cosa aspettarti».

«Non si alzò dalla sua poltrona per tre mesi» ha raccontato la messaggera Doreen Smith. «Sonnecchiava un po’ e poi rimaneva sveglio per ore, sbraitando di continuo. Stare con lui era impossibile. Nessuna di noi riusciva a dormire. Io ero la migliore per sistemargli il cuscino, un'altra per lo sgabello, un'altra ancora per l'imbottitura, così ogni volta che si svegliava dovevamo essere a sua disposizione, mentre lui urlava che eravamo tutte delle stupide fottute teste di cazzo. Aveva completamente perso il controllo. Per noi quella poltrona divenne l’emblema del peggio a cui un essere umano può degradarsi».

Incattivito dalla degenza, e convinto che i suoi ordini non fossero eseguiti con sufficiente diligenza, Hubbard stabilì una nuova misura disciplinare: chiunque fosse stato scoperto ad avere una "contro-intenzione" doveva essere assegnato al RPF, Rehabilitation Project Force, un regime di detenzione i cui internati dormivano in una stiva non ventilata, su materassi lerci già destinati ad essere gettati, erano concesse sette ore di riposo, niente tempo libero, pause per i pasti brevissime, alimentati solo di avanzi e in quantità insufficiente, e non potevano mai parlare. «In quel periodo le cose precipitarono» ha raccontato Gerry Armstrong, «diventò ancor più paranoico e aggressivo. Era convinto che a bordo ci fosse gente con intenzioni malvagie nascoste, e voleva che fossero tutte assegnate all'RPF. L'RPF era una reale minaccia quotidiana che incombeva su tutti. Se una messaggera si lamentava di qualcuno, RPF. Le sue urla si sentivano da ogni angolo della nave e delirava ogni giorno di più. Diceva che i cuochi volevano avvelenarlo, ed iniziò a sentire odori dappertutto. I suoi vestiti dovevano essere risciacquati tredici volte, usando tredici secchi diversi di acqua pulita per eliminare completamente l'odore del detersivo».

Nel maggio del 1974 Hubbard fece una cosa molto curiosa che forse indicava come stesse perdendo la capacità di distinguere tra realtà e fantasia: si rivolse alla Marina degli Stati Uniti per avere le medaglie di guerra con cui aveva sempre sostenuto di essere stato decorato. In qualità di Commodoro della US Navy pretendeva la Purple Heart, concessa ai feriti in battaglia, e altre 16 medaglie. Il Ministero della Marina rispose il 18 giugno al “Sottotenente della Riserva della Marina”, facendo presente che la richiesta era infondata. Chi fa da sé fa per tre: il Commodoro aggirò il rifiuto mettendo in circolazione una fotografia con ventuno medaglie, spiegando all'equipaggio che alcune mancavano: in realtà gliene erano state riconosciute vent’otto, ma le rimanenti dovevano restare un segreto, perché il comando navale era imbarazzato dal fatto che avesse affondato un paio di sottomarini «proprio nel cortile di casa».

Mentre la nave era a Funchal, nell'isola di Madeira, Quentin Hubbard fece un fiacco tentativo di suicidio. «Scese a terra e scomparve» ha raccontato la sua amica Doreen Smith, «e mentre tutti erano fuori a cercarlo lo trovai nella sua cabina». Aveva preso un flacone di pillole. Il Commodoro ordinò che non appena Quentin si fosse ripreso a sufficienza per lasciare l'infermeria, venisse assegnato all'RPF. Mary Sue, di cui si conosceva il forte senso di protezione verso i figli contro gli eccessi del regime di bordo, non poté far nulla. Quando Quentin arrivò sull'RPF, Rebecca Goldstein era tra gli internati: «Per lui era davvero dura. Giravano voci che anche in precedenza avesse già tentato il suicidio».

lo non ho mai cercato di comportarmi in quel modo. Non aveva nessun senso per me [la disciplina severa - nrd]. Quando guidavo una spedizione, o una nave, o qualcosa del genere, di solito tutta la disciplina che usavo consisteva nel chiamare con un fischio qualcuno sul ponte – senza procedure disciplinari o altre cose normalmente usate in questi casi - e dirgli: "Questo è tra me e te. Hai veramente piantato il gruppo in asso. Che cosa intendi fare ora?" Lui mi diceva che cosa intendeva fare e tutto finiva lì. E avevo sempre navi tranquille e disciplinate.

L’organizzazione e l'etica. Conferenza del 18-5-1965

La nave Apollo; sulla prua il simbolo della Sea Org


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