Capitolo 3 - La Spedizione Cinematografica nei Caraibi


In quegli anni così intensi passati all’università, trovò anche il tempo per dirigere la «Spedizione Cinematografica dei Caraibi» nel 1931 (sic).

Dianetics 55!


I filmati subacquei girati durante la spedizione fornirono all'Ufficio Idrografico e all'Università del Michigan, dati di inestimabile valore per il proseguo delle ricerche.

Mission Into Time


Altri l’avrebbero definita meno pomposamente una crociera estiva, ma non era nello stile di Ron. No, non sarebbe stata nulla di meno che una spedizione in piena regola, e lui l'avrebbe guidata. Aveva già scovato un titolo grandioso: Spedizione Cinematografica nei Caraibi. Il suo improbabile scopo scientifico era l'esplorazione e la ripresa cinematografica «delle roccaforti e dei rifugi dei pirati nelle Antille» e «la raccolta di qualsiasi cosa venga collezionata da mostre e musei». (9)

L'origine della "spedizione" fu il Doris Hamlin, un vecchio 4 alberi ormeggiato a Baltimora e disponibile per il noleggio. Ron fece una lunga chiacchierata con lo skipper, il capitano Fred Garfield, e stimò che se fosse riuscito a mettere assieme una cinquantina di studenti sarebbe riuscito a pagarne il noleggio per un'intera estate di vacanza. Dotato di entusiasmo, abilità organizzative e di una straordinaria capacità di persuasione, non gli ci volle molto per trovare un numero sufficiente di adesioni. Il primo articolo sulla futura spedizione apparve sull'Hatchet il 24 maggio 1932. Non era molto esplicativo, ma mostrava tutti i segni caratteristici del florido stile letterario di L. Ron Hubbard. «Contrariamente alle credenze popolari» esordiva, «i giorni della vela non sono finiti e lo spirito di avventura si rifiuta di morire; almeno nel cuore di cinquanta giovanotti giramondo che il 20 giugno a Baltimora isseranno le vele del Doris Hamlin, per andare a caccia di pirati nel Mar delle Antille». Secondo Hubbard, quei rifugi e roccaforti erano stati dimenticati e trascurati per secoli, e non c'era mai stato un concreto progetto per scovare i castelli di Morgan e degli altri noti pirati, ormai ricoperti dalla giungla: «laggiù dove il sole frusta di calore le palme frondose, questo equipaggio di intrepidi gentiluomini ricostruirà lo scenario che soltanto poche centinaia di anni fa portò il terrore nel cuore del mondo, con l'unica differenza che questa volta sarà tutto a beneficio del divertimento e del guizzante nastro di celluloide. Nel tempo libero, se ne rimarrà, raggiungeranno le vette di vulcani immersi nel profondo della giungla, filmeranno pesci volanti che si librano nell'aria».

A parte la ricostruzione dello scenario dei pirati, contributo alla scienza alquanto improbabile, gli intrepidi gentiluomini progettavano anche di raccogliere specie botaniche di valore, scrivere articoli per riviste di viaggio e girare alcuni cortometraggi. «Le sceneggiature verranno scritte in loco, secondo le leggende di ogni specifica isola e dopo accurata ricerca nella biblioteca della nave, che comprenderà innumerevoli e autorevoli volumi sulla pirateria». L'itinerario era intenso: la crociera di cento giorni prevedeva di fare scalo in sedici porti sulle isole di Martinica, Dominica, Guadalupa, Nevis, Montserrat, St. Croix, Vieques, Porto Rico, Haiti, Giamaica, Gonave, Tortuga e Bahamas. Non serve molta competenza per dubitare della fattibilità di navigare per 5.000 miglia in appena 100 giorni su un'imbarcazione a vela senza motore.

Le finalità scientifiche e l’itinerario non erano i soli aspetti incongruenti. Si diceva che l'Università del Michigan avrebbe fornito il supporto tecnico, che il Carnegie Institute e il Metropolitan Museum fossero coinvolti a qualche titolo, che era stato caricato a bordo un idrovolante per le riprese aeree, che la Fox Movietone e la Pathé News fossero in concorrenza per i diritti del film, e che il New York Times aveva firmato un contratto per l'acquisto delle foto. Buon ultimo: i membri della spedizione si sarebbero spartiti i profitti.

Con qualche giorno di ritardo sul programma, il 23 giugno 1932 la Doris Hamlin issò le vele all'insegna del più roseo ottimismo, anche se dieci degli "intrepidi giramondo" si erano ritirati dall'impresa all’ultimo momento, lasciando la spedizione in ciò che successivamente sarebbe stata descritta come una «situazione finanziaria delicata». A Washington non si seppe più nulla della spedizione per 43 giorni, quando il 5 agosto l'Hatchet riportò che lo schooner era arrivato “in forma perfetta” a Bermuda il 6 luglio. L'articolo faceva riferimento ad una lettera, presumibilmente di Ron, che spiegava alcune delle prime difficoltà della spedizione: «Abbiamo avuto qualche problema ad uscire dalla Chesapeake Bay, il vento soffiava come un diavolo. Poi ci sono stati due giorni di bonaccia. In seguito s'è alzata una brezza tesa che ci ha spinto piacevolmente per un po', per trasformarsi poi in burrasca e per due giorni siamo stati sbattuti come uova, e quasi tutti hanno sofferto il mal di mare. Infine è tornata la calma, e negli ultimi tre giorni il nostro bompresso ha cavalcato le onde a otto o nove nodi».

Ciò che però non veniva spiegato, era come mai due settimane dopo aver lasciato Baltimora la Doris Hamlin fosse a Bermuda, a quasi seicento miglia dalla Martinica, primo scalo previsto. Non fu possibile conoscere la risposta fino ai primi di settembre, quando lo schooner rientrò nella Chesapeake Bay con tre settimane di anticipo sul previsto. Tornati a Baltimora il capitano Garfield, uomo di poche parole ma con trent'anni di esperienza di mare, dichiarò con amarezza che si era trattato del “peggior viaggio che abbia mai compiuto”. Anche Ron non riuscì a nascondere che la Spedizione Cinematografica nei Caraibi era stata un disastro. Fin dall'inizio nulla era andato per il verso giusto: dopo aver lasciato la costa orientale degli Stati Uniti le burrasche avevano spinto lo schooner molto fuori rotta, e il capitano Garfield aveva informato Ron che avrebbero dovuto far scalo a Bermuda per ripristinare le riserve di acqua dolce. Sapendo di avere in cassa fondi a malapena sufficienti, Ron aveva ordinato al capitano di mantenersi in rada nel tentativo di evitare di pagare le tasse portuali. Garfield si rifiutò e condusse la nave in porto. Ne era seguita una infuocata discussione. Nel corso di questo primo scalo undici membri della spedizione avevano annunciato di averne avuto abbastanza, e di voler tornare a casa. Erano rimasti disgustati, spiegò Ron, «dal mare turbolento». Ron aveva licenziato anche il cuoco per sostituirlo con due abitanti di Bermuda. Dopo aver pagato il cuoco e liquidato i conti per il rifornimento d'acqua, l'ormeggio e il pilotaggio, la Spedizione Cinematografica dei Caraibi rischiava di finire i soldi prima ancora di arrivare nelle Antille.

Dopo Bermuda la Dorin Hamlin impiegò diciassette giorni per raggiungere la Martinica, dove attraccò il 23 luglio 1932, precisamente un mese dopo aver lasciato Baltimora. Non appena l'ancora affondò nelle acque blu della baia di Fort de France, altri "intrepidi giramondo" abbandonarono la nave per tornarsene a casa. A terra, Ron decise di chiarirsi con il sempre più scontroso capitano. Gli sviluppi del chiarimento arrivarono alle orecchie dei sei uomini dell'equipaggio, che in precedenza Ron aveva affettuosamente definito «vecchi lupi di mare». Ritenendo che il loro salario fosse a rischio vollero essere pagati per intero, e in anticipo. Il capo della spedizione, in via di rapido sgretolamento, cercò di calmarli promettendo che avrebbe inviato un cablogramma a casa per farsi mandare altri soldi. Frattanto anche il capitano Garfield stava inviando cablo negli Stati Uniti. Informò gli armatori della Doris Hamlin che l'incasso per il noleggio era a rischio. La risposta fu immediata e inequivocabile: fare immediato ritorno a Baltimora. Era un ordine. Ron supplicò per avere un po' più di tempo, giurò che non esistevano problemi finanziari, minacciò di far causa a tutti, fece appello alla buona natura del capitano. Tutto invano. Disperato, si recò a terra per chiedere consiglio al Console Statunitense di Fort de France che però gli disse che non poteva farci nulla.

La Doris Hamlin salpò facendo vela per Baltimora senza aver esplorato una sola roccaforte dei pirati. Dal ponte della nave gli "intrepidi giramondo" osservavano tristemente scomparire all'orizzonte le isole che avevano sperato di visitare. «Quando abbiamo lasciato la Martinica l'intero aspetto della gita era cambiato» confessò Ron. «Il morale era vicino allo zero». Il capitano Garfield dovette far scalo a Porto Rico per rifornirsi di viveri e acqua, e Ron scese ancora una volta a terra per un ultimo tentativo di salvare la spedizione. La Direzione Portuale di Ponce lo informò che avrebbe potuto far causa agli armatori dello schooner, ma che la faccenda avrebbe richiesto mesi. Così accetto tristemente la sconfitta, e i pochi "intrepidi giramondo" ancora a bordo furono ricondotti a Baltimora.

Tornato a Washington, Ron scrisse un resoconto al Washington Daily News raccontando i problemi incontrati dalla spedizione e dipingendo astiosamente il capitano Garfield nella peggior luce possibile. Per evitare di ammettere che l'intero viaggio era stato un fallimento, concluse che «Nonostante tutte le difficoltà, abbiamo trascorso una bellissima estate. Siamo tutti in splendida forma e abbronzati, e sappiamo che pochi uomini, in questa epoca frenetica, conoscono la gioia di solcare il mare blu su un'imbarcazione vecchio stile, con null'altro che bianche vele spiegate verso l'orizzonte».

Poi la sorpresa. Quando il 17 settembre Ron scrisse un articolo per l'Hatchet, il settimanale dell’università, la Spedizione Cinematografica dei Caraibi si era miracolosamente trasformata in un trionfo: «anche se la spedizione è stata finanziariamente fallimentare, ciononostante l'avventura e gli scopi scientifici raggiunti hanno compensato la perdita». Tra gli scopi scientifici raggiunti si citavano la raccolta di molte specie di flora e fauna, tra cui alcune «rarissime», per l'Università del Michigan; la fornitura di filmati subacquei all'Ufficio Idrografico e «un grosso lavoro di ricerca nel campo della vita naturale, sulle diverse isole visitate». Si raccontava poi che il New York Times aveva acquistato alcune delle foto scattate nel corso della spedizione. Non mancavano neppure le avventure galanti: «per trascorrere il tempo a bordo i ragazzi si sono divertiti con tornei di scacchi, bridge e pallavolo, mentre a terra, quando non stavano catturando squali, pescando con la fiocina o visitando luoghi incantevoli, nei vari porti venivano piacevolmente intrattenuti da señoritas dagli occhi di carbone». Tutto sommato, concludeva il resoconto, la spedizione era stata nulla di meno che una «gloriosa avventura».

Nella primavera del 1932, organizza e guida la Spedizione Cinematografica dei Caraibi. Il viaggio, che copre una distanza di 7.500 chilometri, [...] si rivela un’esperienza proficua e unica per oltre 50 studenti del college. Durante il viaggio vengono raccolti numerosi esemplari di rettili e flora per l’Università del Michigan mentre le fotografie saranno vendute al New York Times.

L. Ron Hubbard; Un Profilo

Precisazione forse superflua: non esiste traccia dei molti contributi alla scienza che Ron attribuì alla Spedizione Cinematografica dei Caraibi. L'Ufficio Idrografico non ha filmati subacquei di quella spedizione. L'Università del Michigan non ha ricevuto alcuna specie di flora o fauna dagli "intrepidi giramondo". Gli archivi del New York Times non hanno foto della spedizione, né risulta che si sia mai inteso acquistare immagini di quel tipo, e nemmeno indicazioni che il quotidiano sia mai stato a conoscenza dell'esistenza di quella spedizione. Un mistero del tutto simile circonda l'Esplorazione Mineralogica delle Indie Occidentali, nel corso della quale Ron avrebbe portato a termine la prima prospezione mineralogica completa di Porto Rico. Un eccezionale traguardo per uno studente ventunenne di ingegneria civile, peccato che lo US Geological Survey non ne sappia nulla, come non ne sa nulla il Dipartimento Portoricano per le Risorse Naturali, e nemmeno il Dott. Howard, docente di geologia all'Università di Porto Rico nell'anno accademico 1931-32.

Raccontando la "spedizione nei Caraibi", la biografia ufficiale di Scientology narra «l’ascesa di L. Ron Hubbard all’infuocato cratere del Mount Pelée, nella Martinica, per una visione fotografica molto rara. Come disse in una trasmissione radiofonica del 1935: “Grossi massi incandescenti del peso di diverse tonnellate cominciarono, rombando, a rotolare giù per il pendio. Dovevo scansarli, e farlo con rapidità, per evitare di rimanere dilaniato. Persi il conto delle volte in cui l’avevo scampata per un pelo... Ma riuscii ad arrivare ai piedi del vulcano sano e salvo, mi guardai indietro e provai la sensazione di aver attraversato l’inferno.» Le traversie della spedizione vengono così descritte: «Lo stesso Ron descrisse la spedizione come audace, e parlò di una dozzina di dettagli fastidiosi e disavventure. […] attraverso il corso del viaggio l’austero comandante della nave Garfield non si dimostrò un capitano molto coraggioso, il che richiese che Ron Hubbard desse una mano sia al timone che con le mappe.» La conclusione è che: «anche una cinquantina d’anni più tardi, quelli che hanno navigato con L. Ron Hubbard nel 1932 avrebbero ancora parlato di quel viaggio, come di una fantastica avventura al tramonto della loro giovinezza

L'ascesa di L. Ron Flash Hubbard, spericolato pilota e artista del paracadute, al cratere del Mount Pelée



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